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Casi di successo

Di seguito alcuni casi di particolare rilevanza
affrontati e risolti dall'Avvocato Gaetano Iannotta:

La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Belluno avviava un’indagine a carico del Generale G. M. a seguito di un incidente aereo avvenuto il 27 Luglio del 1987 in località Lagazuoi, nei pressi di Cortina d’Ampezzo. In effetti il Generale G. M. durante un’esercitazione a vista, a bassa quota, con un velivolo in dotazione dell’aereonautica militare per evitare una pericolosa corrente ascensionale, anziché sorvolare il passo di Valparola, lo accostava impattando in tal modo con dei fili di un cavo portante della funivia, presente in quella zona ma non segnalata dalle carte di navigazione. La rottura del cavo portante procurava delle gravissime lesioni per i passeggeri presenti nella cabina della funivia e lo schianto dell’aereo, lanciato dal Generale in aperta campagna.

Dopo l’inchiesta, la Procura di Belluno si determinava per il rinvio a giudizio del Generale G. M. per i reati di disastro aereo colposo e lesioni colpose. Il processo veniva celebrato davanti al Tribunale di Belluno nel gennaio del 1997 con il rito del codice Rocco essendo i fatti avvenuti prima del 1989, anno di entrata in vigore del codice Vassalli. I giudici del Tribunale di Belluno, in accoglimento della tesi sostenuta dall’avv. Gaetano Iannotta difensore del Generale, assolvevano il Sig. G. M. da tutte le imputazioni con la formula piena “il fatto non costituisce reato” per la sussistenza del caso fortuito. La Procura non proponeva appello.
Un noto industriale operante nel settore della maglieria in Carpi (MO), il Sig. B. C., veniva rinviato a giudizio dal G.U.P. del Tribunale di Modena per i reati di Bancarotta fraudolenta, evasione e frode fiscale. Il Tribunale di Modena condannava il C. B. alla pena di anni 3 di reclusione. Il Sig. C. B. proponeva appello a mezzo dell’avvocato Gaetano Iannotta che dimostrava con successo l’assoluta estraneità ai fatti del suo assistito e la Corte d’Appello di Bologna assolveva con formula piena il Sig. C. B. “per non aver commesso il fatto”.
Un giovane originario di Trento, I. V., durante il servizio di leva svolto presso la stazione dell’esercito di Torino, veniva accusato e successivamente rinviato a giudizio per il reato di traffico di munizionamento e armi militari da guerra. L’accusa nei confronti del sig. I. V. si fondava su una dichiarazione di un commilitone il quale patteggiava la propria pena, avvalendosi in dibattimento della facoltà di non rispondere. A gennaio del 1997, i giudici della I^ sezione penale del Tribunale di Torino, in accoglimento della tesi difensiva dell’avvocato Gaetano Iannotta, assolvevano il Sig. I. V. con la più ampia formula “per non aver commesso il fatto” perché ritenevano non attendibili le dichiarazioni del commilitone . La Procura non proponeva appello.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Padova, dopo la dichiarazione di fallimento di una società di cui il Sig. G. M. era amministratore , otteneva nei confronti dello stesso il rinvio a giudizio per il reato di bancarotta fraudolenta. Dopo l’istruttoria dibattimentale, il Tribunale di Padova, in accoglimento della tesi difensiva dell’avvocato Gaetano Iannotta, assolveva il Sig. G.M. con la più ampia formula “il fatto non sussiste”. La Procura non proponeva appello.
Il sig. L.D. veniva rinviato a giudizio per i reati di furto seguito da rapina perché impossessatosi di un ciclomotore sottraeva la borsa alla signora A., il 29 Ottobre del 1993, in via Roma, strada principale di Noventa Vicentina (VI). L’avvocato Gaetano Iannotta a mezzo di una perizia psichiatrica dimostrava che il Sig. L.D. era affetto da serissimi problemi psichici consistenti in una oligofrenia che si manifestava nell’incapacità di concordare la programmazione delle proprie azioni verso uno scopo e tale oligofrenia si accompagnava sovente a gravi crisi epilettiche. Il Tribunale di Vicenza, sezione distaccata di Lonigo, assolveva il Sig. L.D. in quanto non imputabile . La Procura non proponeva appello.
L’11 Maggio del 1997 il Dottore G. G. sulla strada del rientro da Formia a Caserta veniva fermato dai carabinieri della locale stazione di Gaeta. A seguito di accertamenti, i carabinieri rilevavano che il Dottore G.G. non aveva esposto il contrassegno assicurativo sul parabrezza della propria autovettura ed elevavano contravvenzione e da ciò ne derivava un diverbio. I Carabinieri denunciavano il Dottore G.G. per il reato di resistenza a pubblico ufficiale. Il Dottore G.G. si rivolgeva per la propria difesa all’avv. Gaetano Iannotta. Il 23.4.2003 il Giudice del Tribunale di Gaeta assolveva il Dottore G.G. con la più ampia formula “il fatto non sussiste”. La Procura non proponeva appello.
Con decreto di citazione a giudizio emesso dal GIP di S. Maria C.V., il sig. V.F. veniva tratto a giudizio davanti al giudice Monocratico di Caserta per rispondere del reato di rapina poiché con minaccia e violenza consistito in atteggiamento aggressivo e nell’afferrare per i capelli la vittima, al fine di procurarsi un ingiusto profitto, s’impossessava dei soldi prelevandoli con forza dalla tasca dei pantaloni di S.M.. Il giudice del Tribunale di S. Maria C.V. sezione distaccata di Caserta, in accoglimento della tesi difensiva avanzata dall’avvocato Gaetano Iannotta, assolveva con la più ampia formula “il fatto non sussiste” il sig. V.F. perché riteneva non attendibili le dichiarazioni della presunta vittima. La Procura non proponeva appello.
Il sig. V.P. veniva condannato dal Tribunale di S.Maria Capua Vetere sez. distaccata di Caserta per il reato di ingiuria oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile. Il sig. V.P. si rivolgeva all’avvocato Gaetano Iannotta per la proposizione dell’appello avverso la sentenza di primo grado. La Corte di Appello di Napoli , in accoglimento della tesi difensiva, assolveva il sig. V.P. dal reato di ingiuria con la più ampia formula in quanto riconosceva la sussistenza delle condizioni di cui all’articolo 599 c.p. che prescrive : “non è punibile chi ha commesso alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 594 e 595 nello stato d’ira determinato da un fatto ingiusto altrui e subito dopo di esso”.
Il sig. V.R. si vedeva costretto a promuovere ricorso in sede civile al fine di inibire in via cautelare la costruzione di un canile che violava le distanze legali rispetto alla sua abitazione privata. Il giudice, in accoglimento della richiesta dell’avvocato Gaetano Iannotta, nominava un CTU che accertava che effettivamente la costruzione del canile non rispettava le distanze previste dalla legge e in ragione di ciò ordinava la sospensione dei lavori e con successiva sentenza disponeva la demolizione dell’opera con condanna alle spese legali.
La società G. srl con decreto del Ministero delle Attività Produttive veniva ammessa al fondo speciale per lo sviluppo dell’imprenditoria locale 2000-2006 senza tuttavia poter ottenere la concreta erogazione del finanziamento in mancanza della certificazione antimafia della Prefettura di Napoli, nonostante i numerosi solleciti. La società G. si vedeva costretta a ricorrere al Tar avverso l’illegittimo silenzio serbato dalla P.A.. Il Tribunale Amministrativo per la Campania di Napoli, in accoglimento della tesi dell’avvocato Gaetano Iannotta, dichiarava illegittimo il silenzio-rifiuto serbato dalla P.A. e ordinava al Prefetto di Napoli di pronunciare definitivamente in ordine alla richiesta di certificazione antimafia entro il termine di 30 giorni.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di S. Maria C.V. chiedeva il rinvio a giudizio della sig. L.Q. per il reato di calunnia di cui all’articolo 368 c.p. con la contestazione di aver denunciato pur sapendoli innocenti il procuratore della curatela e il curatore fallimentare. Il GUP presso il Tribunale di S. Maria Capua Vetere all’udienza preliminare del 2009, in accoglimento della richiesta dell’avvocato Gaetano Iannotta, proscioglieva con la più ampia formula la sig. L.Q..
La società P.C.S. proponeva osservazione alla variante del P.R.G. del Comune di San Gennaro Vesuviano (NA) con la quale chiedeva che la propria area fosse classificata come industriale a seguito del rilascio da parte dell’amministrazione comunale di una serie di autorizzazioni all’esercizio dell’attività industriale. Il Comune non accoglieva l’osservazione e la società si vedeva costretta ad adire il Tribunale Amministrativo della Campania che, in accoglimento della tesi difensiva dell’avvocato Gaetano Iannotta, emetteva sentenza con la quale annullava la variante al P.R.G. nella parte in cui non classificava l’area della società ricorrente come zona industriale.
La sig. L.Q. si vedeva costretta a ricorrere avverso e per l’annullamento sia degli avvisi di accertamento che delle relative cartelle di pagamento emessi dall’Agenzia delle Entrate di Caserta per la complessiva somma di euro 280.000,00. Le diverse sezioni delle Commissioni Tributarie di Caserta annullavano tutti gli avvisi di accertamento e le relative cartelle di pagamento, in accoglimento della tesi dell’avvocato Gaetano Iannotta, riconoscendo la carenza di legittimazione passiva in quanto la sig. L.Q. all’epoca dell’emissione degli atti impositivi non ricopriva più la carica di amministratrice della società.
Nel 2010 il Sig. P.F. veniva raggiunto da un provvedimento di ammonimento del Questore di Caserta per una ipotesi delittuosa di stalking ex art. 612 bis c.p.. Il sig. P.F. avverso il suddetto provvedimento proponeva ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale della Campania di Napoli. Il TAR Campania con sentenza del 2011, in accoglimento della richiesta dell’avvocato Gaetano Iannotta, dichiarava illegittimo e annullava l’ammonimento dell’autorità di P.S. che si era limitata a recepire acriticamente e passivamente il dato costituito dall’esposto della vittima senza verificarne l’attendibilità e senza dare ascolto alle ragioni dell’asserito presunto stalker.
Il sig. F.I. proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli che dichiarava l’estinzione per intervenuta prescrizione dei reati di abuso di ufficio aggravati ex art. 7 l. n. 203/1991.Il ricorrente lamentava la carenza assoluta di motivazione della sentenza impugnata in merito all’esclusione del presupposto per procedere al proscioglimento nel merito ex art. 129 comma c.p.p. una volta rilevata la causa di estinzione dei reati contestati. La Corte di Cassazione (sezione quinta penale), in accoglimento della tesi difensiva avanzata dall’avvocato Gaetano Iannotta - nell’affermare il principio che pur in presenza di una causa di estinzione del reato, è ammissibile, il sindacato sul vizio di motivazione nel caso in cui la sentenza di non doversi procedere per tale causa sia stata pronunciata dal primo giudice e, in sede di impugnazione, il giudice di appello abbia completamente omesso l’esame della richiesta assolutoria nel merito - annullava la sentenza della Corte di Appello di Napoli con rinvio ad altra sezione per un nuovo esame sulle condizioni di operatività del proscioglimento nel merito ex art. 129 comma 2 c.p.p..
Il sig. R.G. impugnava l'avviso di accertamento con cui l'Ufficio dell’Agenzia di Caserta aveva revocato i benefici "prima casa", non avendo il contribuente provveduto a trasferire, entro il termine di legge, la propria residenza nel comune ove era ubicato l'immobile acquistato. Il ricorso del contribuente veniva accolto in primo grado, ma, su appello dell'Ufficio, la decisione veniva in parte riformata dalla CTR della Campania che riteneva necessario, per il godimento dell'agevolazione, il trasferimento della residenza anagrafica, rilevando, comunque, che l'asserita modifica della residenza di fatto non era stata dimostrata. I giudici d'appello provvedevano, inoltre, a ridurre della metà l'importo dovuto, in quanto l'immobile era stato acquistato dal contribuente in comunione con la moglie, che vi aveva, invece, stabilito la residenza anagrafica. La Corte di Cassazione accoglieva il ricorso con cui il ricorrente deduceva la violazione e falsa applicazione degli artt. 143 e 1022 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, per non avere la CTR considerato che la coabitazione nella casa familiare, col coniuge acquirente in regime di comunione, integra il requisito della residenza a fini tributari. La Corte, in accoglimento della tesi difensiva dell’avvocato Gaetano Iannotta, affermava l’importante principio che, in tema di imposta di registro e di relativi benefici per l'acquisto della prima casa, il requisito della residenza va riferito alla famiglia, per cui, ove l'immobile acquistato sia adibito a residenza della famiglia, non rileva la diversa residenza del coniuge di chi ha acquistato in regime di comunione (Cass. n. 13085 del 2003; n. 14237 del 2000, ord. n. 2109 del 2009). In particolare, la Corte precisava che i coniugi non sono tenuti ad una comune residenza anagrafica, ma reciprocamente alla coabitazione (art. 143 cc), quindi una interpretazione della legge tributaria conforme ai principi del diritto di famiglia induce a considerare che la coabitazione con il coniuge costituisce un elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari (Cass. n. 14237 del 2000, cit.), in quanto ciò che conta "non è tanto la residenza dei singoli coniugi, quanto quella della famiglia: l'art. 144 cc, secondo il quale i coniugi fissano la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa (che è una esplicitazione ed una attuazione della più ampia tutela che l'art. 29 Cost., assegna alla famiglia). In virtù di tali principi, la Corte di Cassazione, dunque, affermava che, ai fini della fruizione dei benefìci fiscali in questione, il requisito della residenza nel Comune in cui è ubicato l'immobile debba essere riferito alla famiglia, con la conseguenza che, in caso di comunione legale tra coniugi, quel che rileva è che l'immobile acquistato sia destinato a residenza familiare, mentre non assume rilievo in contrario la circostanza che uno dei coniugi non abbia la residenza in tale Comune, e ciò in ogni caso in cui il bene sia divenuto oggetto della comunione ex art. 177 c.c., quindi sia in caso di acquisto separato che in quello di acquisto congiunto del bene stesso. Per tali ragioni di fatto e di diritto la Corte di Cassazione ,sez. Tributaria , in accoglimento del ricorso proposto dall’avvocato Gaetano Iannotta annullava l’avviso di accertamento senza rinvio.
Il cittadino straniero D.E.N., perseguitato politico di nazionalità nigeriana, proponeva opposizione avverso il provvedimento di diniego del 2012 con il quale la Commissione territoriale di Caserta rigettava la richiesta di protezione internazionale. Il Tribunale di Napoli sez. prima bis , in accoglimento della richiesta dell’avvocato Gaetano Iannotta, nel riconoscere il rischio di danni reali in particolare la minaccia grave e attuale alla vita e alla persona del ricorrente, rilasciava al cittadino straniero D.N.E. di nazionalità nigeriana il provvedimento di protezione sussidiaria.
Il cittadino straniero S.S., perseguitato politico di nazionalità della Costa D’Avorio, proponeva opposizione avverso il provvedimento di diniego del 2012 con il quale la Commissione territoriale di Caserta rigettava la richiesta di protezione internazionale. Il Tribunale di Napoli sez. prima bis , in accoglimento della richiesta dell’avvocato Gaetano Iannotta, nel riconoscere lo il rischio di danni reali in particolare la minaccia grave e attuale alla vita e alla persona del ricorrente, rilasciava al cittadino straniero S.S. di nazionalità della Costa D’Avorio il provvedimento di protezione sussidiaria.
Il cittadino straniero E.I.O., perseguitato politico di nazionalità nigeriana, proponeva opposizione avverso il provvedimento di diniego del 2012 con il quale la Commissione territoriale di Caserta rigettava la richiesta di protezione internazionale. Il Tribunale di Napoli sez. prima bis , in accoglimento della richiesta dell’avvocato Gaetano Iannotta, nel riconoscere il rischio di danni reali in particolare la minaccia grave e attuale alla vita e alla persona del ricorrente, riconosceva al cittadino straniero E.I.O. di nazionalità nigeriana il provvedimento di protezione sussidiaria.
Nel 1998 il sig. P.D. riceveva un prestito di lire 158.500.000 da un privato che a garanzia del prestito otteneva di farsi intestare a titolo di compravendita un immobile del sig. D.P. del valore di euro 1.000.000,00. Il sig. D.P. agiva in giudizio invocando la nullità dell’atto di compravendita e la restituzione dell’immobile. Dopo dieci anni di istruttoria dibattimentale, il giudice del Tribunale di Caserta, in accoglimento della tesi difensiva dell’avvocato Gaetano Iannotta, riconoscendo che la compravendita era stata stipulata a mero scopo di garanzia del prestito, dichiarava la nullità degli atti di compravendita per violazione del divieto del patto commissorio ex articolo 2744 c.c. e per l’effetto dichiarava il sig. D.P. proprietario dell’immobile, con condanna della controparte al pagamento delle spese di lite.
Nel 2015 la società G. srl riceveva avviso di intimazione di pagamento per omesso versamento dell’iva per l’anno di imposta 2005. Avverso e per l’annullamento del suddetto provvedimento, la società G.srl proponeva ricorso dinnanzi alla Commissione Tributaria di Napoli che, in accoglimento della tesi dell’avvocato Gaetano Iannotta, riconosceva e dichiarava la nullità dell’avviso di intimazione di pagamento per omessa notifica della cartella di pagamento in quanto il messo notificatore, in assenza temporanea del destinatario dell’atto, ovvero nel caso di irreperibilità relativa, si era limitato a depositare la cartella esattoriale alla casa comunale omettendo di affiggere l’avviso alla porta dell’abitazione del destinatario e senza ,peraltro, spedire la raccomandata con ricevuta di ritorno dell’avviso di deposito dell’atto alla casa comunale.
Nel 2013 la professoressa M.P. veniva citata a giudizio dinnanzi al giudice Monocratico del Tribunale di Caserta con l’accusa di aver ingiuriato con l’aggravante della discriminazione razziale una alunna straniera della scuola media di Caserta. Dopo numerosissime udienze dibattimentali, il giudice, in accoglimento della tesi difensiva dell’avvocato Gaetano Iannotta, con sentenza del 2016 assolveva la professoressa M.P. con la formula “il fatto non è più previsto dalla legge come reato”. La Procura e la parte civile non proponevano appello.